ACN 2019-2021
NON E’ UN ACCORDO PER I GIOVANI MEDICI!
Roma, 6 Marzo 2024 – La recente firma dell’accordo del triennio 2019-2021 ha sollevato una serie di critiche e preoccupazioni all’interno della comunità medica e tra gli stakeholder del Servizio Sanitario Nazionale. Sebbene la sofferenza sia lapalissiana qualcuno continua a sostenere che sia un’ottima convenzione.
«Ci sono una serie di criticità» dice Angelo Testa, Presidente nazionale SNAMI, «nonostante l’accordo contenga arretrati e aggiornamenti contributivi, queste remunerazioni appaiono insufficienti per gli attuali oneri di lavoro e l’erosione inflattiva. Di fatto gli unici che possono ritenersi davvero contenti sono le casse previdenziali. Il medico di assistenza primaria diventa di ruolo unico ma restano i nodi irrisolti: non si può continuare a pensare che il medico di medicina generale sia disponibile illimitatamente, ad ogni ora e senza attesa.
Il carico di assistiti, oramai moltissimi colleghi arrivano fino a 1800, non è più sostenibile così come pensato 40 anni fa e soprattutto vanno ripensate regole di accesso e presa in carico più stringenti e dettagliate, in una nuova logica che non sia più pensabile in un contesto odierno il poter dare tutto a tutti. Pena la fine e la morte del Sistema Sanitario Nazionale universalistico e solidale.
Inoltre la Medicina Generale, già non attrattiva, perde ogni anno centinaia di borse già stanziante perché nessuno vuole più stare nel territorio per cui è probabile che questo ACN farà allontanare i neo laureati e farà scappare quelli che ancora non hanno la convenzione. La medicina di iniziativa voluta da Stato, Regioni e Sindacati va in direzione opposta a quanto descritto dal presidente ENPAM che dovrebbe preoccuparsi di far fruttare al meglio i versamenti previdenziali piuttosto che della organizzazione del lavoro, di competenza dei sindacati come previsto dalla normativa vigente. In definitiva,» conclude Angelo Testa «l’ACN 2019-2021 fallisce nel suo intento di attrarre i giovani medici, esponendo una realtà di condizioni lavorative inadeguate e remunerazioni insostenibili. Urge un cambio di rotta per non compromettere il futuro della Medicina Generale.»